Il silenzio di Saviano su Gaza fa male

E no, nessuno gli chiede di essere un juke box, ma di raccontare la verità.

C’è un silenzio che occupa molto spazio negli ultimi 11 mesi, ed è quello di Roberto Saviano sulla distruzione di Gaza e sul massacro del popolo gazawi. Per quanto Roberto Saviano cerchi acrobaticamente di evitare l’argomento e per quanto nessuno tra intellettuali e giornalisti di spicco gliene chieda conto (in buona parte perchè tacciono anche loro), a sinistra - ma forse sarebbe meglio dire “nel mondo degli intellettuali di sinistra, Saviano in primis” - c’è un elefante nella stanza. Quell’elefante è presente nei commenti all’unico post che Saviano ha dedicato all’argomento, il 29 ottobre dello scorso anno, quando Israele aveva già ucciso migliaia di civili in risposta all’attacco di Hamas, il 7 ottobre. E poi in altri thread sparsi per la rete, in cui anche chi l’ha sempre stimato, ne critica duramente la passività di fronte al genocidio che si sta compiendo. E dico “genocidio” perché mai come ora questa parola ha un senso preciso. Riporta oggi la Cnn: “Netanyahu mulls Gaza scheme: Israeli’s pm is considering a plane to force all Palestinians out of GazaCity as a way to defeat Hamas. The plan doesn’t say when civilians can return” (“…il primo ministro israeliano sta studiando un piano per costringere tutti i palestinesi a lasciare GazaCity come modo per sconfiggere Hamas. Il piano non dice quando i civili potranno tornare”).  “In sintesi: pulizia etnica”, ha commentato la giornalista Francesca Mannocchi.

Non è un segreto che Roberto Saviano abbia origini ebraiche, come non lo è il fatto che in passato Vittorio Arrigoni lo abbia criticato duramente per alcune dichiarazioni dello scrittore durante la manifestazione “Per la verità, per Israele", tenutasi a Roma- pensate che brutto scherzo del destino- proprio il 7 ottobre 2010.