Vale Tutto - di Selvaggia Lucarelli

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La skin care coreana è molto più di quello che crediamo

La skin care coreana è molto più di quello che crediamo

I modelli estetici coreani, come le star del k-pop e i k-drama veicolano il beauty, cosa compriamo in Italia di "davvero coreano" e altro. Un'intervista appassionante con l'esperta Anna Dato.

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Selvaggia Lucarelli
dic 20, 2024
∙ A pagamento
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La skin care coreana è molto più di quello che crediamo
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La skin care made in Corea è una vera e propria mania. Perfino nelle stazioni dei treni di Roma e Milano appaiono temporary shop di marchi coreani. Ma siamo sicuri di sapere cosa sia davvero la skin care più in voga del momento? E i marchi che troviamo in Italia sono davvero quelli che si trovano a Seoul? Anna Dato, CMO Asia di Intercos, esperta di beauty soprattutto nel mercato asiatico, ha accettato di fare una lunga chiacchierata con me su questo tema. Una chiacchierata che è diventata (quasi) un appassionante “instant book” sui concetti fortemente intrecciati di bellezza e cultura e su come la Corea abbia saputo utilizzare i propri prodotti artistici (K-pop e K-drama) per veicolare la vendita di prodotti e la diffusione di tendenze “molto coreane”.

-Come nasce la mania della skin-care coreana?

Trovo che i brand coreani abbiano saputo innovare in modo sorprendente, creando un approccio completamente nuovo alla skincare. Se ci pensi, prima lo skincare aveva un'immagine molto più formale e clinica, legata all'ambiente medico, ai camici bianchi e a un'estetica simile a quella di brand come Clinique.

Invece, i brand coreani hanno cambiato prospettiva, puntando su un pubblico più giovane e utilizzando strategie di comunicazione non convenzionali, come il product placement nei K-drama e nel K-pop. La skincare coreana si è diffusa in modo indiretto, attraverso contenuti culturali, e questo approccio ha avuto successo anche in mercati come la Cina.

-Un esempio?

Un esempio interessante è il boom delle lip tint (rossetti dalla formula molto leggera e liquida), che si dice sia iniziato grazie a un K-drama intitolato My Love from Another Star. In una scena del drama, è stata mostrata una lip tint di Saint Laurent che è andata rapidamente esaurita in tutto il mondo. Questo fenomeno risale a una decina di anni fa, ma dimostra come l'ondata culturale coreana riesca ad amplificare tendenze e prodotti.

Una delle scene di ‘My love from another star’ che hanno fatto schizzare le vendite della lip tint di Saint Laurent

-Il k-pop invece come lo ha veicolato?

Gli artisti nel mondo della musica coreana spesso ricoprono il ruolo di testimonial. Nel mercato orientale, la musica segue dinamiche commerciali diverse: i cantanti vengono spesso concepiti come veri e propri "contenitori di brand" o business unit strategiche. Ad esempio, le quattro componenti delle BLACKPINK rappresentano un'evoluzione del concetto delle Spice Girls: ciascuna di loro incarna una personalità ben definita, associata a specifici brand di lusso. Rosé è legata a Saint Laurent, Lisa a Celine, Jisoo a Dior e Jennie a Chanel. Questa strategia consente di creare quattro unità di business distinte, ciascuna capace di promuovere prodotti diversi.

-È così anche nel beauty?

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