“Belve crime” ha suscitato un impressionante numero di critiche e polemiche, non solo da parte di giornalisti ma anche di esperti in diversi settori (avvocati e psicoterapeuti), oltre che dagli stessi genitori di Yara e, naturalmente, sui social. E questo è abbastanza incredibile, visto il tacito trattato di non belligeranza che vige tra la maggior parte dei miei colleghi, che piuttosto di scrivere un pezzo vagamente critico su qualcuno metterebbero le mani in un tritacartone industriale (figuriamoci poi su Fagnani, che dedica molto tempo e energie alle pubbliche relazioni con i giornalisti).
Ecco cosa è stato scritto su alcuni dei principali quotidiani e siti di notizie.
Il noto giornalista e critico tv Antonio Dipollina, su Repubblica: …Quello che stride è però l'estrazione ultrapop del Belve originario, la sfilata di vip e vippetti pronti a farsi depredare l'anima in nome della popolarità da mantenere o riconquistare. E quindi di fronte a questioni tragiche e corrosive, e crime, il modo di porsi, e di porre l'intervistato, si confonde facilmente con quello del Belve normale, nel quale ci si diverte con una facezia dopo l'altra. Ma appunto, il giro televisivo in fatto di crime ha le sue micidiali esigenze: e c'è tutto il pubblico degli appassionati di crime da cibare, con bocconi sempre più oltre il limite.
Lo psicoterapeuta Alberto Pellai, in una lunga analisi su Famiglia Cristiana, ha dichiarato che guardando l’intervista a Massimo Bossetti ha provato “un grande disagio, sia come uomo, che come padre, che come professionista”.
Ha scritto: ‘Le domande dell’intervistatrice a volte hanno portato il colpevole (per la legge) a fare affermazioni che tendevano a mostrare il papà della ragazza assassinata come una persona poco coinvolta nel suo dramma familiare’. E ancora: ‘…il format di Belve non si addice a temi che appartengono ad altri format e che proprio strutturalmente diversi nelle intenzioni e nello sviluppo dei contenuti, permettono, partendo dalla storia della vittima (vedi Amore criminale scritto da Matilde D'Errico) o del colpevole (vedi Storie Maledette di Franca Leosini) di andare oltre il prurito voyeuristico e di approfondire e conoscere bene ciò che è rischio e ciò che è protezione/prevenzione/educazione in vicende che mettono in scena il peggio degli esseri umani. In "Belve Crime" si è solo visto il peggio. Niente più. E lo si è visto senza capo né coda, con una modalità capace di fare spettacolo e non di fare cultura”.
Il critico televisivo Aldo Grasso, sul Corriere della Sera, in una critica più generale all’ossessione per il crime nei palinsesti televisivi ha parlato anche lui di imbarazzo come telespettatore nell’assistere al dialogo tra Bossetti e Fagnani.
La giornalista Valentina Stella, su Il dubbio, sottolinea che invece di ripercorrere la vicenda giudiziaria, si è voluto guardare dal “buco della serratura” della cella di Bossetti, dando tantissimo spazio a dettagli sui temi della pornografia che hanno forse più che altro saziato curiosità voyeuristiche.
Il giornalista Marco Crepaldi, su Today, è stato ancora più duro: “l'intervista a Belve è di una gravità assoluta”. “Non è dunque una questione di ‘colpevolisti’ e ‘innocentisti', come ha scritto Aldo Cazzullo sul Corriere. È una questione tra colpevolisti e complottisti. E l'intervista a “Belve” non ha fatto altro che rafforzare i secondi. Quando a intervistare Bossetti è stata Netflix, un'azienda privata il cui unico obiettivo è generare profitto, ho criticato la scelta, ma la gravità di questa intervista è ancora superiore. Perché qui parliamo della Rai, un servizio pubblico, che dovrebbe tutelare la memoria delle vittime, e che invece finisce per dare voce e forza alla menzogna del carnefice. Vergogna”.
Belve è un programma cucito addosso alla conduttrice, costruito sulla sua espressività, sul suo sarcasmo, in un gioco in cui è il banco che vince sempre. Come ha spiegato di recente Giovanni Minoli, intervistato da Malcom Pagani: “…Ho detto a Fagnani, tu fai un varietà, che va benissimo, ma non fai un’intervista. Perché lo giri, lo monti, rimonti, fai i controcampi, e progressivamente sei sempre più tu la protagonista. Io mi sono inventato un’inquadratura in cui entro, come per firmare (il programma, ndr), e poi basta. Le due facce sono quelle dell’intervistato, non la mia. È una questione di etica”.
Sul programma- seppure in misura minore- ci sono stati anche alcuni commenti favorevoli: Simonelli e Corica su Il Fatto si sono espressi positivamente su un possibile passaggio di testimone tra Leosini e Fagnani, Vanity Fair ha dedicato numerosi pezzi entusiasti, una parte della fanbase di Fagnani l’ha sostenuta. E gli ascolti, quasi l’unico vero scopo della televisione, l’hanno premiata.
Ma, stavolta, gli elogi sembrano essere in minoranza. Persino sui social, dove di solito la conduttrice è molto amata e ha un consenso praticamente unanime.
Quando il noto account ‘Trash Italiano’ ha chiesto ai propri follower su X se gli stesse piacendo la puntata, ha ricevuto 240 commenti, con una proporzione di una risposta positiva ogni dieci negative. E non è andata meglio sui profili social della Rai e della conduttrice stessa, dove ancora oggi tiene banco una grande discussione su questo spin-off: i commenti sotto la clip dell’intervista a Bossetti sono più di 8000 e la maggior parte sono di critica.
Per dire, perfino Lorenzo Tosa ha rinunciato per una volta ai suoi post petalosi per scrivere che “Questo non è Servizio pubblico. Questa è pornografia del dolore. E francamente non ne sentivamo il bisogno”.
Molte le critiche anche da parte di chi si dichiara un fan di Fagnani ma trova il format inadatto ad ospitare il crime e la conduttrice inadeguata per questo genere di interviste, in quel contenitore.
La critica più dura, però, è arrivata dai genitori di Yara Gambirasio, perfino bacchettati dall’assassino della figlia durante l’intervista (passaggio che Fagnani avrebbe potuto tagliare e non mandare in onda). “Bossetti fa la star in tv e aggiunge dolore al dolore”, hanno commentato.
In tutto ciò, la conduttrice parrebbe non aver preso molto bene le critiche, ma questa volta non può nascondersi sotto il solito ombrello auto-assolutorio delle fantasiose e inesistenti questioni personali altrui (anche perché i genitori di Yara non penso avessero dei pregressi con lei). Si goda i buoni ascolti, tenendo a mente che i critici- seppur fastidiosi- sono le migliori sentinelle delle professioni lunghe e felici.
Non ne posso più di litigare con i tuoi haters che dicono che sei INVIDIOSA della Fagnani uff
il commento di Minoli,
che parla di più del suo modo di intervistare, per quello che possa valere la mia opinione mi trova d'accordo: Belve - quello senza crime - non sono interviste ma uno show...con questo modo di parlare in romanesco che nel tempo la Fagnani ha calcato molto, mi sembra che la tenda una macchietta...visto che non sono un critico televisivo e non ho visto Belve Crime mi fido di quello che ha scritto Selvaggia Lucarelli e anche di altri dei quali lei in questo articolo ha riportato le critiche ! penso che come tutti i lavori quando "spingi troppo sull'acceleratore" succede questo