Perché Sinner ci piace così tanto. E Jacobs così poco.
Mi sono chiesta perché Jacobs, nonostante gli incredibili meriti sportivi, non sia mai davvero arrivato al cuore degli italiani (al punto da non avere soprannome). E mi sono data alcune spiegazioni.
Il 29 aprile, per una curiosa coincidenza, due degli sportivi italiani più vincenti della storia del paese sono apparsi in tv per rilasciare un’intervista.
Alle 20.30, in coda al Tg1, Jannik Sinner ha parlato del suo periodo travagliato appena trascorso, tra l’affare doping e la sospensione di tre mesi negoziata con l’agenzia mondiale antidoping, assieme al direttore del tg Gian Marco Chiocci.
Poco più di un’ora dopo, su Rai2, Francesca Fagnani ha aperto la stagione di Belve intervistando Marcell Jacobs, l’unico italiano nella storia ad aver vinto i cento metri alle Olimpiadi, forse la gara per antonomasia nella competizione per antonomasia.
Ed io, assistendo all’entusiasmo che ha circondato, e sta circondando, il ritorno di Sinner nel circuito (compreso quello del mio fidanzato, che per qualche motivo è diventato una specie di insopportabile carota boy), mi sono trovata a farmi una domanda che non mi ero mai posta, che però quella coincidenza temporale mi ha ispirato come la lampadina che si accende ad Archimede Pitagorico: come mai, invece, Marcell Jacobs è così poco amato? Come mai intorno a lui non si è mai creato un vero fenomeno di adorazione di massa?
E non solo in confronto a Sinner - il paragone sarebbe impietoso- ma perfino a tutta un’altra serie di sportivi che, dal punto di vista del prestigio, non hanno vinto nulla di lontanamente paragonabile a lui.
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