Marta Donà e il solito odio nei confronti delle donne di potere
La manager di Olly e le poche donne che nella musica contano non perché cantano ma perché DECIDONO, sono quello per cui dobbiamo tifare. E il complottismo sulle presunte "manovre" è fuffa violenta.
Quando ho sentito proclamare il nome del vincitore di Sanremo 2025 da Carlo Conti, e cioè Olly, la prima cosa che ho scritto a un mio amico è: questa vittoria, sui social, la avveleneranno. E così è (parzialmente) stato. Da domenica mattina, ininterrottamente, sui social (su Twitter in particolare) c’è un discreto numero di account (anche legati a fanbase di altri cantanti) che spammano ovunque insulti, false notizie e teorie del complotto sulla manager di Olly, ovvero Marta Donà. La sua colpa è quella di aver vinto, con i suoi cantanti, 4 festival negli ultimi 5 anni: Maneskin, Mengoni, Angelina e ora Olly.
Parlo di colpa perché anno dopo anno, vittoria dopo vittoria, il suo nome ha iniziato a girare e a trascinarsi dietro dubbi e maldicenze. Il succo è che i suoi artisti non vincerebbero perché lei è brava- oltre ad essere bravi loro, ovviamente- ma perché sarebbe la burattinaia di non si sa bene quali giochi di potere per cui lei, l’eminenza grigia della musica italiana, riuscirebbe a far vincere chiunque porti su quel palco. Il fatto che Francesca Michielin, anche lei una sua cantante, quest’anno sia arrivata ventunesima non conta. Sono quegli indizi scomodi per avvalorare la teoria dei poteri forti, quindi vanno scartati.
E quindi, sui social della manager, si leggono commenti ferocissimi e volgari, da “mafiosa” a “un bella indagine così finisci a Rebibbia”. Su Twitter mi è toccato leggere pure che io non indago (su cosa?) perchè sono sua amica (l’ho incontrata per la prima volta di sfuggita a Sanremo) e vado in vacanza con lei. La prova schiacciante è un mio “segui” su Instagram alla sua pagina. In effetti anche Justin Baldoni ha il mio segui, domani gli chiedo se ci facciamo una settimana insieme a Gallipoli, a luglio. Ma il livello di aggressività e follia dei commenti, credetemi, è comprensibile solo leggendo con i propri occhi. Anche sulla pagina di Olly, mescolati per fortuna a migliaia di commenti benevoli, ci sono pure migliaia di “hai rubato”, “ha vinto la tua manager” e cattiverie assortite.
Per la cronaca, l’ultimo album di Olly “Tutta vita” è stato primi in classifica a fine 2024 (e pure il suo singolo con Angelina Mango) , e con i singoli ha vinto sei dischi di platino e uno d’oro. L’anno prima aveva vinto un platino e un oro. Tutto questo, a 23 anni.
Capisco che le generazioni oltre la Zeta non lo abbiano visto arrivare, ma posso assicurare che i giovani e gli addetti ai lavori nel mondo della musica lo hanno visto arrivare eccome. Non ha vinto un outsider, ha vinto un favorito, tant’è che basta googolare i primi articoli su Sanremo di gennaio per leggere già il nome “Olly” associato” all’aggettivo “favorito”. Piccola parentesi: i boomer possono recuperare alcune sue esibizioni dal vivo su TikTok e capiranno che il cantante non è esattamente un timido pischello alle prime armi, ma un talentoso animale da palcoscenico. E questo va riconosciuto pure se la sua musica non piace. A me per esempio la sua musica non interessa, non sono il suo target, ma non ho problemi nel riconoscere che sia bravo. E capire perchè piaccia alla generazione Zeta non mi costa particolare fatica. Non devo pensare al complotto, per darmi una spiegazione della sua vittoria.
L’anno scorso, durante un festival di Radio Zeta, tutta l’Arena di Verona cantava la canzone di Olly: non mi sembra che il pubblico gli manchi, ecco
Così come non devo pensare che Marta Donà sia una corruttrice per spiegare la catena impressionante di vittorie, perché la spiegazione più ovvia è che sia brava. Molto brava. E non lo dico io, lo dice chiunque conosca il suo lavoro. Magari non è simpatica a tutti, ma nessuno negherà che sia capace, che abbia fiuto, che lavori senza sosta al successo dei suoi cantanti.
Olly è entrato nella sua scuderia un anno fa e ha vinto Sanremo. Mengoni è stato l’uomo che le ha suggerito di fare la manager, facendola diventare la sua manager. I Maneskin, con lei hanno vinto non solo Sanremo, ma pure Eurovision. E quando loro hanno deciso di sostituirla con un altro manager, lei ha scritto un post sentimentale di “buona fortuna” ai ragazzi che aveva contribuito a far diventare famosi nel mondo.
Per la cronaca, i Maneskin oggi sono praticamente sciolti.
E poi c’è la “sua” Angelina, che l’anno scorso ha vinto Sanremo con una canzone strana, scritta con Madame, scelta che sulla carta poteva essere rischiosa. E invece.
Il motivo per cui Marta Donà avrebbe così tanto potere da riuscire a far vincere i suoi cantanti (non tutti però, ricordiamolo) è, secondo molto geni della rete e non solo, che è nipote di Claudia Mori, moglie di Celentano. Ora, con tutto rispetto per la famiglia Celentano, non mi sembra che al momento sia in una posizione attiva e dominante nel mondo della musica. Tra l’altro, nella musica è pieno di figli di, cugini di, mogli di, parenti di, ma non tutti - a quanto pare- riescono a inanellare vittorie come Donà.
E se proprio vogliamo cercare le coincidenze, allora come fa notare oggi Michele Monina, “Corsi e Brunori- secondo terzo classificati- sono gestiti dal medesimo team, quello di Matteo Zanobini, e proprio l’etichetta che Zanobini e Brunori hanno avuto insieme per anni, Picicca, è quella che ha lanciato ai tempi il cantautore di Volevo essere un duro”. Dunque, quali poteri forti si nascondono dietro il secondo e terzo posto a Sanremo? Vi rispondo io: nessuno. Perchè per il televoto non ci sono poteri forti che tengano. Forse ci si può spingere a ipotizzare l’influenza delle etichette su giornalisti e radio, ma Olly la finale l’ha vinta col televoto. È stato il più votato da casa dopo Brunori nella terza serata, il secondo più televotato nella prima fase della finale e il più televotato nella cinquina finale.
Attribuire a Marta Donà il superpotere di far votare centinaia di migliaia di persone per Olly mi sembra decisamente ridicolo. Tanto più che dovrebbe riuscire ad impedire pure che altri votino per Brunori, Corsi o Giorgia, e qui la vedo ancora più dura. (ricordo a titolo esemplificativo che Giorgia, nell’anno in cui ha trionfato Mengoni, ha avuto il 2,44 % del televoto, Elodie il 2,35)
Detto ciò, la violenza con cui si sta accusando Donà di manovre occulte è sconvolgente. E dispiace vedere che questo accanimento arrivi soprattutto da generazioni che dovrebbero avere più confidenza con il femminismo di quelle precedenti. Marta Donà è una donna di potere nella discografia perchè è brava e si è guadagnata spazio fondando una società, La Tarma Management,composta di sole donne. Da qui prenderanno vita anche La Tarma Ent e La Tarma Records, etichetta discografica. Donà ha raccontato così la sua storia professionale:
“Ho cominciato come ufficio stampa a Verona, facevo le fotocopie al teatro nuovo di Verona, città in cui studiavo, poi mi sono laureata e ho cominciato a lavorare in MN (agenzia di comunicazione, ndr) e grazie a quel lavoro ho conosciuto le discografiche, Sony in particolare che a un certo punto mi chiese di lavorare con loro e nel 2009 cominciai lì come ufficio stampa. Nel 2011, poi, Marco Mengoni mi chiese di intraprendere questa avventura del management, io gli dissi che non ero in grado ma che gli avrei dato volentieri una mano, ma lui ha fatto tutto il giro poi è tornato da me, dicendomi che c'era una prerogativa fondamentale che era la fiducia e mi chiese di provare. Nel 2011 ho cominciato questa avventura, qualche anno dopo ho cominciato a strutturarmi, sono arrivate le prime persone nel team – la società nasce ufficialmente nel 2015”.
Dunque, una storia di successo con pochi misteri. Una storia però, anche di ostilità e dietrologie che mettono in discussione il talento professionale di una donna che si è fatta strada in un ambiente storicamente maschile e maschilista come quello della musica. E non è un caso che nessuno abbia mai sollevato il sopracciglio per la catena di comando tutta maschile nella maggior parte delle etichette discografiche, che nessuno si sia mai lamentato dei soliti nomi di maschi che girano nell’ambiente spalmati un po’ ovunque e legati a tante vittorie al Festival o nella classifica di vendita.
Bisognerebbe rallegrarsi del fatto che oltre Caterina Caselli, Paola Zukar e poche altre, anche Marta Donà si imponga nella discografia come un nome fenomenale e vincente, rispettato da tutti, con la capacità di intuire le potenzialità di spesso artisti ancora acerbi. E se proprio vogliamo dirle tutta, anche le sue scelte sono ricadute in buona parte su artiste donne: Angelina Mango, Francesca Michielin, e poi- finché è durata- i Maneskin, che sono stati fondati da Victoria, vera leader della band. E, come già ricordavo, lavora quasi esclusivamente con donne.
Quest’ultimo particolare non è trascurabile perché mentre in questi giorni si fanno polemiche pretestuose sulla cinquina finale tutta maschile, ci si dimentica una cosa: è più utile e strutturalmente necessario avere donne che decidono chi salirà su quel palco, che donne scelte da uomini per salire su quel palco. Finché le donne non occupano posizioni di potere, noi saremo sempre l’opzione di qualche maschio.
Elodie che fa la lagna perchè Giorgia sarebbe arrivata solo sesta sostenendo che il sistema ha problemi con le donne, potrebbe iniziare a fare la rivoluzione con meno chiacchiere a favore di telecamere e più fatti: vorrei sommessamente far notare che l’ultimo disco di Giorgia ha 18 diversi autori, di cui solo tre donne (tra cui Elisa e Michielin). L’ultimo disco di Elodie ha 19 autori, di cui ancora solo tre donne. Prima di guardare le classifiche, io guarderei i collaboratori: le prime non dipendono da te, ma i secondi sì.
Marta Donà, Sara Potente e le altre poche donne che nella musica contano non perché cantano ma perchè DECIDONO, sono quello per cui dobbiamo tifare. Il complottismo, le ipotesi di trame e i commenti offensivi non sono a caso nei confronti di una manager donna. Se abbiamo potere, non ce lo siamo meritate. Siamo streghe manipolatrici o raccomandate. Nel caso di Marta Donà, entrambe le cose, ovviamente.
E quando realizzeranno che è diventata pure ricca, più ricca di molti uomini che lavorano nella discografia, beh, allora l’operazione di mostrificazione della manager sarà completata. Diranno che Povia l’ha inventato lei.
Sai cosa mi fa incazzare di te Selvaggia? Che mi fa riflettere, che mi fai mettere in discussione, che mi apri sta melina di materia grigia e me la metti in mito, tipowuddo ti s'ingolfa il motorino. E ho capito anche perché la gente ti deteda? Perché non vogliono mettersi in discussione, mai.
Grazie quindi
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