Massimo Giannini ha scritto un editoriale lodando il lavoro in presenza, e paragonando lo smart working all'alienante esperienza del protagonista di Shining. Qualcuno ha pensato di rispondergli
L’ennesima conferma che questi pseudo intellettuali di sinistra, ma in realtà solo sciuretti con qualche barlume di ricordo di antifascismo, sono la vera disgrazia di questo paese. Per una come me che ha sempre votato a sinistra è veramente un’ascia nel cuore. Ma chi cazzo gli ha mai più visti davanti a una fabbrica di operai a raccogliere le opinioni di chi prende il treno alle cinque del mattino e torna a casa alle otto di sera? Dimenticavo, l’arietta frizzante del mattino è stimolante, non come la noiosa aria di casa…
La mia azienda (multinazionale) ha un contratto integrativo che ci permette di fare smart working due giorni a settimana se lo vogliamo. Io lo faccio sempre, primo non muovo la macchina due giorni a settimana, risparmio e non inquino. Secondo mi evito lo stress di strada e colleghi non sempre le persone più simpatiche del mondo. Terzo ho la possibilità di stare un po' di più con la mia gatta. Quarto ma non ultimo, ho due figli in età scolare che sono sempre lasciati ad arrangiarsi da soli, ma in quei giorni se hanno bisogno sanno che ci sono. La qualità della vita è migliorata molto. E io lavoro a 15 Min da casa, non oso immaginare nemmeno cosa provano i pendolari per il sacrificio che fanno solo per poter "sopravvivere" a quel tipo di vita. Giannini evidentemente vive su marte
L’articolo di Giannini è fuori da ogni logica. E ben lo spieghi.
Soprattutto quello che a lui sfugge o che dà per scontato, è che fare smart working non è sinonimo di alienazione. Tutt’altro!
Non pranzo con i colleghi? Perfetto, posso pranzare con gli amici che fanno smart, con i vicini di casa, o per i fatti miei. O comunque con persone della mia vita a cui tengo di più che i colleghi.
Non cazzeggio alla macchinetta del caffè? Perfetto, posso riposare sul mio divano anche a testa in giù o ascoltarmi per 3 minuti la radio a tutto volume.
Non devo prendere ferie o permessi se aspetto un pacco Amazon, posso fare la spesa in pausa pranzo, posso stendere la lavatrice tra un meeting e l’altro, e quindi dopo le 18:30 il tempo libero che ho è DAVVERO libero.
Per non parlare ovviamente del risparmio economico e ambientale…
Se una persona sa organizzarsi e non sfrutta il lavorare da casa per farsi i fatti suoi (ma parliamone, di storie di dipendenti pubblici che timbrano ed escono prima del tempo o di chi passa le ore in ufficio a giocare a solitario ne è piena la letteratura), se una persona lavora per garantire gli obiettivi che ha lo Smart working è la medicina, non la malattia.
Infatti. Le chiacchere al caffè eterne. Io che sono pendolare da una vita mi posso permettere poche chiacchiere. Nel pubblico è un problema anche solo definire gli obbiettivi... perché poi tocca dare un' organizzazione chiara che a non tutti conviene
Sono in Smartworking da dopo il covid e ringrazio ogni giorno per questo: prima per andare e tornare erano se andava bene 2 ore, in estate ora posso lavorare al mare, prima in ufficio ad agosto era un’agonia. Spendevo parte dei soldi in benzina e pranzi al bar, per non parlare dell’ansia da parcheggio. Faccio i turni e per una donna tornare alle 2 o 3 di notte da sola è agghiacciante, per recuperare la macchina lontana a quell’ora giravo con lo spray al peperoncino. La vita sociale mi manca? No al contrario, mi mancava. Ora la sera non torno più stanca e devastata dal traffico, ho tempo per fare sport, organizzare cene con i colleghi, ho ripreso a fare volontariato e ad uscire con gli amici, posso tornare giù e lavorare da casa dei miei genitori e passare più tempo con loro, cosa che prima potevo fare solo per una settimana l’anno, perché lo Smartworking mi ha fatto letteralmente guadagnare TEMPO, che per me rimane la risorsa più preziosa che abbiamo
certo è che Giannini parte da una posizione privilegiata e non si guarda intorno...dopo la lettera di Michela non c'è davvero nulla da aggiungere e quindi intelligente che questa newsletter finisca con le sue parole ! GRAZIE A MICHELA
Grazie per aver riservato spazio a questo tema ormai considerato un capriccio dei lavoratori.
Quello che dicono i colleghi sulla qualità della vita è tutto vero, e capisco anche senza difficoltà che chi scrive questo articolo non può avere contezza dei benefici reali.
Quello di cui però non si parla mai, e che può essere anche più potente della triste storia dei pendolari che vengono percepiti come se fossero dei casi isolati che non hanno faticato abbastanza per una vita di maggior prestigio, è che lo Smart working potrebbe essere uno strumento di politica economica, fortissimo. Come l’andamento dei tassi o le iniezioni di liquidità, stesso meccanismo e stessa potenza.
Ti lascio un pensiero (perdonami la lunghezza) che ho scritto sul tema, senza avere purtroppo la stessa risonanza di Giannini.
“Troppo spesso sentiamo tradurre in maniera scorretta il termine “Smart working” con “lavorare da casa”. Collegarsi da remoto non vuol dire collegarsi da casa, ma collegarsi dove si vuole.
Per quanto sia la soluzione preferita dei più “pigri” (categoria di cui senz’altro faccio parte), è generalmente la soluzione preferita dai millennials che finalmente, per la prima volta, possono trovarsi a decidere dove vivere. La mia generazione è stata tra le prime a sentirsi dire teneramente, all’età di 19 anni, “se vuoi lavorare devi andare via”, con tanto di spallucce. E siamo saliti su un treno verso il nord, senza valide alternative. Diamo ormai tristemente per scontato, come l’alba e il tramonto, che le nostre vite scorreranno lontane dai nostri affetti, che i nostri figli non cresceranno insieme ai nonni. Come se fosse un dogma, come se non potesse essere altrimenti.
Con il lavoro da remoto, potremmo invece finalmente iniziare a vivere il mercato del lavoro, senza subirlo, progettando le nostre vite e le nostre carriere senza dover rinunciare agli affetti, alla città del cuore, all’appartamento in centro storico dal prezzo sostenibile. Potremmo finalmente iniziare a scegliere.
Se è vero che la modalità ibrida è un valido strumento per il work life balance e per chi ama impostare la sveglia alle 8:45, è altrettanto vero che una soluzione 100 % remoto potrebbe cambiare le sorti dell’economia del nostro Paese. Tra le tante, risolleverebbe sicuramente il mercato immobiliare del sud, e costringerebbe a scendere gli insostenibili prezzi dei canoni di locazione delle grandi città, ad oggi gonfiati da una fortissima domanda. Nel prossimo futuro, anche le scuole dei piccoli centri potrebbero tornare ad essere riempite da tanti nuovi piccoli iscritti ogni anno. I lavoratori “da remoto”, potrebbero tornare ad avere il piacere di lavorare a fianco ad altri, e mettere in piedi dei centri di co-working nel proprio quartiere.
E allora, se chi ha il potere decisionale in questo ambito si accorgesse dell’enorme potenzialità dello strumento che ha per le mani, che “dal Sud bisogna andare via perché non c’è lavoro e non c’è futuro”, potrebbe anche non essere più verità”.
Devo dire che Giannini spesso dice cose che mi trovano d'accordo, ma stavolta ha decisamente 'toppato'. Massima solidarietà a Michela e ai tanti, troppi, che vivono (o sopravvivono) per lavorare in questo paese, senza che l'élite e chi ci governa e ci ha governato si renda minimamente conto di cosa questo significhi. Io mi considero una persona fortunata, perché oltre a fare il lavoro che ho sempre desiderato e per il quale ho studiato tanto, e continuo a studiare (perché lavorando con le lingue straniere non si finisce mai di imparare ed è uno dei vantaggi), da sempre sono in 'smart working', lavorando da casa, con i miei orari e soprattutto senza dover sacrificare ore delle mie giornate per gli spostamenti. E' vero che non ho stipendio fisso né altre amenità come il diritto alla malattia o alle ferie, ma trovo il tempo per fare altro durante la giornata e dedico del tempo a me stessa, una cosa impagabile. Ha ragione Michela, non è lo smart working che può farti diventare Jack Torrance, ma è vivere tutti i giorni come nel film 'il giorno della marmotta', facendo sempre le stesse cose, con le stesse persone e rendendoti conto che la vita scorre senza che per te cambi nulla, con la sensazione tremenda di continuare ad annaspare per vivere. Grazie Selvaggia come sempre, hai il potere di farmi spesso vedere le cose da un'altra prospettiva.
Da dirigente ho sempre considerato che dare la possibilità di fare smart working sia una ottima opportunità. Si possono valutare delle giornate in presenza in modo da poter affrontare certi temi che lo richiedono e per permettere di sviluppare dei contatti con i colleghi, ma senza voler imporre la presenza quotidiana. Voglio aggiungere che queste opportunità mi erano già state proposte da uno studio che stava disegnando il nuovo layout dei nostri uffici: mi avevano spiegato che se la presenza di tutto il personale non è una vera esigenza è meno costoso per un'azienda dotarsi di meno postazioni che possono essere occupate a rotazione, con un risparmio in termini di spazi, arredamenti e spese quali energia e riscaldamento. Per usare un inglesismo. una possibilità win-win :)
Commentavo già ieri queste uscite di Giannini, che ovviamente vive in un mondo pieno di persone simpatiche, socievoli, intelligenti. Nel mondo dove viviamo noi non è esattamente così, e a volte dover avere a che fare per più tempo della propria vita con colleghi che manco ci piacciono che con la propria famiglia è frustrante!
Io sono una di quelli fortunati che da 5 anni ha datori di lavoro illuminati. Dopo 10 anni da pendolare a Milano, post maternità ho chiesto e ottenuto lo Smart fisso. Con possibilità di andare in presenza quando lo avessi voluto o se fosse servito. Da allora ho poi dovuto cambiare 2 lavori sempre in Smart. Porto i bambini a scuola, li vado a prendere, mangio a casa mia. La sera riesco a preparare la cena a un orario giusto per due bambini, metterli a letto e guardare magari anche un film. Tutto questo quando ero pendolare non avrei potuto farlo. Ma purtroppo so bene che ho una fortuna che tanti purtroppo non possono avere…
A me lo smart working ha salvato la vita. Quando è arrivato il covid facevo le chemio.
Senza lo smart avrei dovuto smettere di lavorare. Ma il lavoro mi aiutava a tenere la testa impegnata. Allora ho capito che lo smart è davvero un gran segno di civiltà perché se tutti ne usufruiscono, le aziende si organizzano intorno a questa pratica e le persone con difficoltà (malate come lo sono stata io o con i figli piccoli o genitori anziani) possono continuare a partecipare e contribuire al mondo del lavoro ( e quindi pagare le tasse).
Trovo personalmente lo smart working alienante e limitante, l'ho detestato durante la pandemia e anche adesso.
Ma, come ripeto sempre per tutti i diritti, trovo che dove sia possibile debba essere una legittima scelta individuale e che non debba essere limitato o abolito.
Io stessa quando ne ho bisogno ne usufruisco, raramente, ma mi piace l'idea di avere scelta. Sono fortunata e spererei che chiunque possa avere questa opportunità.
Idem, anche io lo detesto, forse perché vivo da sola. E perché preferisco che casa mia, dove mi rilasso e disconnetto, sia fisicamente separata dal mio ufficio. Ho anche la fortuna di avere un lavoro e dei colleghi che mi fanno andare volentieri a lavorare. Ma concordo anche io che lo smart working debba essere un diritto e non un privilegio
Dopo anni di sacrifici e situazioni allucinati, mi considero una grandissima privilegiata perché l’azienda in cui lavoro adesso ci consente lo Smart working quasi totale. A discapito di quanto si possa pensare, lavoriamo tutti di più rispetto a quanto faremmo in ufficio, ma siamo anche tutti oggettivamente più felici e personalmente penso che sia una grande tutela anche per la gravidanza.
Lo smart working aiuta anche l'ambiente, non solo le persone.
L’ennesima conferma che questi pseudo intellettuali di sinistra, ma in realtà solo sciuretti con qualche barlume di ricordo di antifascismo, sono la vera disgrazia di questo paese. Per una come me che ha sempre votato a sinistra è veramente un’ascia nel cuore. Ma chi cazzo gli ha mai più visti davanti a una fabbrica di operai a raccogliere le opinioni di chi prende il treno alle cinque del mattino e torna a casa alle otto di sera? Dimenticavo, l’arietta frizzante del mattino è stimolante, non come la noiosa aria di casa…
La mia azienda (multinazionale) ha un contratto integrativo che ci permette di fare smart working due giorni a settimana se lo vogliamo. Io lo faccio sempre, primo non muovo la macchina due giorni a settimana, risparmio e non inquino. Secondo mi evito lo stress di strada e colleghi non sempre le persone più simpatiche del mondo. Terzo ho la possibilità di stare un po' di più con la mia gatta. Quarto ma non ultimo, ho due figli in età scolare che sono sempre lasciati ad arrangiarsi da soli, ma in quei giorni se hanno bisogno sanno che ci sono. La qualità della vita è migliorata molto. E io lavoro a 15 Min da casa, non oso immaginare nemmeno cosa provano i pendolari per il sacrificio che fanno solo per poter "sopravvivere" a quel tipo di vita. Giannini evidentemente vive su marte
L’articolo di Giannini è fuori da ogni logica. E ben lo spieghi.
Soprattutto quello che a lui sfugge o che dà per scontato, è che fare smart working non è sinonimo di alienazione. Tutt’altro!
Non pranzo con i colleghi? Perfetto, posso pranzare con gli amici che fanno smart, con i vicini di casa, o per i fatti miei. O comunque con persone della mia vita a cui tengo di più che i colleghi.
Non cazzeggio alla macchinetta del caffè? Perfetto, posso riposare sul mio divano anche a testa in giù o ascoltarmi per 3 minuti la radio a tutto volume.
Non devo prendere ferie o permessi se aspetto un pacco Amazon, posso fare la spesa in pausa pranzo, posso stendere la lavatrice tra un meeting e l’altro, e quindi dopo le 18:30 il tempo libero che ho è DAVVERO libero.
Per non parlare ovviamente del risparmio economico e ambientale…
Se una persona sa organizzarsi e non sfrutta il lavorare da casa per farsi i fatti suoi (ma parliamone, di storie di dipendenti pubblici che timbrano ed escono prima del tempo o di chi passa le ore in ufficio a giocare a solitario ne è piena la letteratura), se una persona lavora per garantire gli obiettivi che ha lo Smart working è la medicina, non la malattia.
Infatti. Le chiacchere al caffè eterne. Io che sono pendolare da una vita mi posso permettere poche chiacchiere. Nel pubblico è un problema anche solo definire gli obbiettivi... perché poi tocca dare un' organizzazione chiara che a non tutti conviene
Sono in Smartworking da dopo il covid e ringrazio ogni giorno per questo: prima per andare e tornare erano se andava bene 2 ore, in estate ora posso lavorare al mare, prima in ufficio ad agosto era un’agonia. Spendevo parte dei soldi in benzina e pranzi al bar, per non parlare dell’ansia da parcheggio. Faccio i turni e per una donna tornare alle 2 o 3 di notte da sola è agghiacciante, per recuperare la macchina lontana a quell’ora giravo con lo spray al peperoncino. La vita sociale mi manca? No al contrario, mi mancava. Ora la sera non torno più stanca e devastata dal traffico, ho tempo per fare sport, organizzare cene con i colleghi, ho ripreso a fare volontariato e ad uscire con gli amici, posso tornare giù e lavorare da casa dei miei genitori e passare più tempo con loro, cosa che prima potevo fare solo per una settimana l’anno, perché lo Smartworking mi ha fatto letteralmente guadagnare TEMPO, che per me rimane la risorsa più preziosa che abbiamo
certo è che Giannini parte da una posizione privilegiata e non si guarda intorno...dopo la lettera di Michela non c'è davvero nulla da aggiungere e quindi intelligente che questa newsletter finisca con le sue parole ! GRAZIE A MICHELA
Buon pomeriggio Selvaggia,
Grazie per aver riservato spazio a questo tema ormai considerato un capriccio dei lavoratori.
Quello che dicono i colleghi sulla qualità della vita è tutto vero, e capisco anche senza difficoltà che chi scrive questo articolo non può avere contezza dei benefici reali.
Quello di cui però non si parla mai, e che può essere anche più potente della triste storia dei pendolari che vengono percepiti come se fossero dei casi isolati che non hanno faticato abbastanza per una vita di maggior prestigio, è che lo Smart working potrebbe essere uno strumento di politica economica, fortissimo. Come l’andamento dei tassi o le iniezioni di liquidità, stesso meccanismo e stessa potenza.
Ti lascio un pensiero (perdonami la lunghezza) che ho scritto sul tema, senza avere purtroppo la stessa risonanza di Giannini.
“Troppo spesso sentiamo tradurre in maniera scorretta il termine “Smart working” con “lavorare da casa”. Collegarsi da remoto non vuol dire collegarsi da casa, ma collegarsi dove si vuole.
Per quanto sia la soluzione preferita dei più “pigri” (categoria di cui senz’altro faccio parte), è generalmente la soluzione preferita dai millennials che finalmente, per la prima volta, possono trovarsi a decidere dove vivere. La mia generazione è stata tra le prime a sentirsi dire teneramente, all’età di 19 anni, “se vuoi lavorare devi andare via”, con tanto di spallucce. E siamo saliti su un treno verso il nord, senza valide alternative. Diamo ormai tristemente per scontato, come l’alba e il tramonto, che le nostre vite scorreranno lontane dai nostri affetti, che i nostri figli non cresceranno insieme ai nonni. Come se fosse un dogma, come se non potesse essere altrimenti.
Con il lavoro da remoto, potremmo invece finalmente iniziare a vivere il mercato del lavoro, senza subirlo, progettando le nostre vite e le nostre carriere senza dover rinunciare agli affetti, alla città del cuore, all’appartamento in centro storico dal prezzo sostenibile. Potremmo finalmente iniziare a scegliere.
Se è vero che la modalità ibrida è un valido strumento per il work life balance e per chi ama impostare la sveglia alle 8:45, è altrettanto vero che una soluzione 100 % remoto potrebbe cambiare le sorti dell’economia del nostro Paese. Tra le tante, risolleverebbe sicuramente il mercato immobiliare del sud, e costringerebbe a scendere gli insostenibili prezzi dei canoni di locazione delle grandi città, ad oggi gonfiati da una fortissima domanda. Nel prossimo futuro, anche le scuole dei piccoli centri potrebbero tornare ad essere riempite da tanti nuovi piccoli iscritti ogni anno. I lavoratori “da remoto”, potrebbero tornare ad avere il piacere di lavorare a fianco ad altri, e mettere in piedi dei centri di co-working nel proprio quartiere.
E allora, se chi ha il potere decisionale in questo ambito si accorgesse dell’enorme potenzialità dello strumento che ha per le mani, che “dal Sud bisogna andare via perché non c’è lavoro e non c’è futuro”, potrebbe anche non essere più verità”.
Grazie e buon lavoro!
Ci sono molti aspetti davvero interessanti in ciò che hai scritto. Complimenti 👏👏
Quante belle idee! 🏆
Devo dire che Giannini spesso dice cose che mi trovano d'accordo, ma stavolta ha decisamente 'toppato'. Massima solidarietà a Michela e ai tanti, troppi, che vivono (o sopravvivono) per lavorare in questo paese, senza che l'élite e chi ci governa e ci ha governato si renda minimamente conto di cosa questo significhi. Io mi considero una persona fortunata, perché oltre a fare il lavoro che ho sempre desiderato e per il quale ho studiato tanto, e continuo a studiare (perché lavorando con le lingue straniere non si finisce mai di imparare ed è uno dei vantaggi), da sempre sono in 'smart working', lavorando da casa, con i miei orari e soprattutto senza dover sacrificare ore delle mie giornate per gli spostamenti. E' vero che non ho stipendio fisso né altre amenità come il diritto alla malattia o alle ferie, ma trovo il tempo per fare altro durante la giornata e dedico del tempo a me stessa, una cosa impagabile. Ha ragione Michela, non è lo smart working che può farti diventare Jack Torrance, ma è vivere tutti i giorni come nel film 'il giorno della marmotta', facendo sempre le stesse cose, con le stesse persone e rendendoti conto che la vita scorre senza che per te cambi nulla, con la sensazione tremenda di continuare ad annaspare per vivere. Grazie Selvaggia come sempre, hai il potere di farmi spesso vedere le cose da un'altra prospettiva.
Da dirigente ho sempre considerato che dare la possibilità di fare smart working sia una ottima opportunità. Si possono valutare delle giornate in presenza in modo da poter affrontare certi temi che lo richiedono e per permettere di sviluppare dei contatti con i colleghi, ma senza voler imporre la presenza quotidiana. Voglio aggiungere che queste opportunità mi erano già state proposte da uno studio che stava disegnando il nuovo layout dei nostri uffici: mi avevano spiegato che se la presenza di tutto il personale non è una vera esigenza è meno costoso per un'azienda dotarsi di meno postazioni che possono essere occupate a rotazione, con un risparmio in termini di spazi, arredamenti e spese quali energia e riscaldamento. Per usare un inglesismo. una possibilità win-win :)
Ma jack torrance lavorava in presenza, è impazzito per stare troppo sul posto di lavoro!
Commentavo già ieri queste uscite di Giannini, che ovviamente vive in un mondo pieno di persone simpatiche, socievoli, intelligenti. Nel mondo dove viviamo noi non è esattamente così, e a volte dover avere a che fare per più tempo della propria vita con colleghi che manco ci piacciono che con la propria famiglia è frustrante!
Io sono una di quelli fortunati che da 5 anni ha datori di lavoro illuminati. Dopo 10 anni da pendolare a Milano, post maternità ho chiesto e ottenuto lo Smart fisso. Con possibilità di andare in presenza quando lo avessi voluto o se fosse servito. Da allora ho poi dovuto cambiare 2 lavori sempre in Smart. Porto i bambini a scuola, li vado a prendere, mangio a casa mia. La sera riesco a preparare la cena a un orario giusto per due bambini, metterli a letto e guardare magari anche un film. Tutto questo quando ero pendolare non avrei potuto farlo. Ma purtroppo so bene che ho una fortuna che tanti purtroppo non possono avere…
L'approccio paternalistico con cui si spiega pazientemente al lavoratore cosa sarebbe meglio per lui. Per il PIL delle tavole calde, questo e altro.
A me lo smart working ha salvato la vita. Quando è arrivato il covid facevo le chemio.
Senza lo smart avrei dovuto smettere di lavorare. Ma il lavoro mi aiutava a tenere la testa impegnata. Allora ho capito che lo smart è davvero un gran segno di civiltà perché se tutti ne usufruiscono, le aziende si organizzano intorno a questa pratica e le persone con difficoltà (malate come lo sono stata io o con i figli piccoli o genitori anziani) possono continuare a partecipare e contribuire al mondo del lavoro ( e quindi pagare le tasse).
Trovo personalmente lo smart working alienante e limitante, l'ho detestato durante la pandemia e anche adesso.
Ma, come ripeto sempre per tutti i diritti, trovo che dove sia possibile debba essere una legittima scelta individuale e che non debba essere limitato o abolito.
Io stessa quando ne ho bisogno ne usufruisco, raramente, ma mi piace l'idea di avere scelta. Sono fortunata e spererei che chiunque possa avere questa opportunità.
Idem, anche io lo detesto, forse perché vivo da sola. E perché preferisco che casa mia, dove mi rilasso e disconnetto, sia fisicamente separata dal mio ufficio. Ho anche la fortuna di avere un lavoro e dei colleghi che mi fanno andare volentieri a lavorare. Ma concordo anche io che lo smart working debba essere un diritto e non un privilegio
Il.piu grande problema della sinistra...lo scollamento totale con la realtà. Proprio loro che invece dovrebbero starci dentro con tutte le scarpe
Dopo anni di sacrifici e situazioni allucinati, mi considero una grandissima privilegiata perché l’azienda in cui lavoro adesso ci consente lo Smart working quasi totale. A discapito di quanto si possa pensare, lavoriamo tutti di più rispetto a quanto faremmo in ufficio, ma siamo anche tutti oggettivamente più felici e personalmente penso che sia una grande tutela anche per la gravidanza.