50 Commenti

Cara Selaggia, io ho seppellito un figlio piccolino per malattia, questa roba che hai descritto mi fa inorridire, ho fatto fatica a finire il tuo pezzo. Che però il padre sia cascato dal pero…. Mi sembra poco credibile.

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Come scrivo nell’articolo non è poi così strano se è Münchausen .

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Sicuramente hai ragione

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Spero di leggere un'inchiesta o un libro tuo su questo argomento, troppo interessante e inquietante. E sospetto quale sia il caso non ancora diagnosticato di cui parli ...

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È un argomento disturbante ma allo stesso tempo molto interessante spero anche io in un libro o in un’inchiesta di Selvaggia

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nel mio lavoro ho incontrato un caso che mi è sempre sembrato un atteggiamento Münchausen da parte di un genitore. Io assistevo l'altro genitore per questioni legate all'affidamento e mantenimento. Quando facevo presente la mia preoccupazione per il vagare di questa persona con la creatura da una struttura all'altra, al suo riferirsi alla prole col nome del presunto disturbo (è un .... nome patologia) c'è stata una generale minimizzazione, fino a che è stato impedito al servizio sociale di avvicinarsi per gli accertamenti disposti dal Giudice. Dopo lunga permanenza del caso nelle aule di giustizia, finalmente la creatura è stata affidata al genitore che assistevo. E ogni sintomo è sparito d'incanto. Perchè questo genitore ricercava la malattia della prole fino a trovare persone disposte a somministrare una cura? Beh, per quanto ho avuto modo di conoscere questa persona, è sempre stata alla ricerca di attenzioni, di far vedere quanto fosse intelligente e capace di capire tutto di tutto e quanto invece l'altro genitore non capisse nulla della creatura, fosse in stato di disattenzione ecc. ecc. Non mi addentro in particolari perchè il mondo è piccolo e non vorrei incorrere in problemi, ma è stata una vicenda molto dolorosa anche perchè nessuno pareva percepire l'allarme che io (e il genitore che assistevo) lanciavo

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Molto molto inquietante.

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sì, è un meccanismo difensivo quello di addossare all'altro genitore disattenzioni su disturbi vari nelle cause per affidamento. Nel mio caso non era vero. Ma ci son voluti anni per sistemare le cose. Magari tra qualche tempo e col consenso del genitore di cui parlavo ci si può tornare sopra. Ora la creatura sta bene, io sono contenta del risultato col mio cliente, ma non per lui, per la creatura. Insomma, hai capito!

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C’è un caso italiano, di cui ti sei occupata anche tu, che mi fa pensare che possa essere simile. Anche questa mamma ha portato la figlia ovunque, ha aperto raccolte fondi, si è trasferita all’estero ma la malattia della figlia è molto misteriosa e fumosa… che sia questo stesso caso che ti ha fatto venire la voglia di studiare e approfondire la sindrome?

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Venuto il dubbio anche a me…

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Sempre avuto il dubbio su quella storia..leggendo vari commenti critici, chi tirava fuori munchausen per procura, veniva subito tacciato da altri i quali rispondevano che quella malattia era reale. Io il sospetto lo terrò sempre.

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ho riletto lo scritto di Selvaggia, l'argomento mi ha colpito per un vissuto personale/professionale ma mi è venuta su dallo stomaco una riflessione sul fatto dello sharenting. La tizia australiana provocava il male sulla prole per attirare attenzioni e fare contenuti, promuovere raccolte fondi. Ok. Apro il mio social feed e mi vengono proposte soprattutto madri che espongono i loro figli malati (non credo per malattie da loro provocate) che davvero mi fanno una pena, mi provocano una stretta di cuore dolorosa. Chi ci ha scritto un libro (da vendere), chi pubblicizza cose. Ok. vogliono sensibilizzare il pubblico sulle malattie dei piccoli, cercano solidarietà, sfogano il loro malessere con la community (?). ancora ok. Ma perchè esporre a tutti quelle creature che strisciano dibattendosi sul pavimento per far vedere gli esercizi di potenziamento, o quella creatura col sondino al naso, le occhiaie sul viso magro che implora solo pace? Non hanno provocato questi genitori le sofferenze di questi piccoli, ma con ste sofferenze attirano attenzioni su di sè e non solo sul problema eh

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Da madre di un ragazzo con disabilità non capisco come si possa divulgare qualcosa di umiliante che riguardi altri, specie un figlio. Alla base ci dev'essere un bisogno disperato di apparire, di esserci, di contare, di avere gratificazione di ritorno che fino ad un certo punto potrebbe anche essere giustificabile, ma che può sfociare in un attimo in patologia. Probabilmente si perde proprio il controllo, non so...

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Vanno aboliti per legge gli influencer.

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Ciao Selvaggia! Immagino che saprai tutto e di più sul tema; mi permetto di segnalare, nel caso non lo conoscessi, il lavoro di Andrea Dunlop. Ha un podcast che ha completato la quarta stagione intitolato “Nobody Should Believe Me” e ha un libro in uscita a febbraio (mi pare), “The Mother Next Door”, scritto a quattro mani con un detective che si occupa in via esclusiva di casi di abusi su minori. Combina competenza, lucidità, destrezza narrativa; ha intervistato medici, assistenti sociali e perfino una madre che è stata condannata in un caso acclarato. Incredibilmente interessante la “demolizione” dello pseudo-documentario di Netflix “Take Care of Maya”, che va oltre il caso in sé per interrogare il ruolo che gli spettatori giocano da complici nel consumare prodotti che per forza di cose veicolano il punto di vista degli autori. Vivamente consigliato e illuminante, nonché godibile (per tornare al tema della complicità 🙂). Dunlop ha una sorella che è stata sospettata di Munchausen prima e poi Munchausen by proxy, mai formalmente indagata però.

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Ma è stato proprio lo sharenting, in questo caso, a generare dei sospetti, probabilmente salvando la vita alla piccola.

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Anche questo è vero. Ma senza quella platea la sindrome si sarebbe manifestata?

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A mio parere, in questo specifico caso è come chiedersi se sia nato prima l'uovo o la gallina, dato che il bisogno di ricevere attenzioni è una delle caratteristiche della sindrome, che non è comparsa improvvisamente con i social.

Ma sicuramente la possibilità di una platea così vasta peggiora le cose, quanto e in che modo immagino che sia l'oggetto del suo lavoro, rigoroso e direi pionieristico.

Grazie!

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È una questione molto delicata, purtroppo. La sindrome di Munchausen per procura è una diagnosi differenziale, cui si arriva per “sottrazione” avendo eliminato ogni altra possibilità. Da DSM V il primo criterio clinico è l’inganno accertato e la falsificazione di sintomi. Di fatto la conferma della diagnosi avviene con l’allontanamento del bambino dal genitore (a seguito del quale il bambino migliora); ma per arrivare a un passo di questo tipo il personale medico deve già aver maturato l’ipotesi, e aver escluso tutte le altre, il che richiede tempo (e allontanare la figura di cura primaria - eccetto appunto che in caso di abuso, tra cui la Sindrome di Munchausen per procura - non è un’opzione che rispetti il principio di superiore interesse del minore). Questo per dire che molti dei campanelli di allarme indicati nell’articolo sono in realtà comuni a quelli che si registrano nel caso di bambini con malattie rare, o in presenza di co-occorrenze, o in presenza di altri disturbi come i disturbi da sintomi somatici (e che credo che si debba usare molta cautela - anche giornalistica - per evitare di incorrere nel problema contrario, cioè sovraestendere il disturbo fittizio provocato da altra persona). Al di fuori dell’analisi clinica, è invece estremamente interessante l’esposizione mediatica della madre; esiste realmente (ed è stato oggetto di uno studio anche abbastanza datato) una connessione tra esposizione online (e l’escalation nei sintomi e nelle visualizzazioni) e la sindrome di Munchausen per procura. E questo a mio avviso sarebbe solo un’ulteriore ragione (tra mille) per legiferare in merito all’esposizione social, non solo dei volti dei bambini, ma dei loro dati privati (se non è ammissibile che i dati sanitari di un adulto vengano resi pubblici senza il consenso dell’adulto stesso, perché è considerato ammissibile se riguardano un bambino che non è in grado di prestare consenso?). Mentre capisco che altre misure possano essere complesse da attuare, e che vadano armonizzate con l’esercizio della responsabilità genitoriale, credo che legiferare in tema di immagini di bambini malati, e divulgazione di materiale sanitario non sarebbe poi così complesso. Non sono tecnica in materia informatica, ma credo sarebbe anche tecnicamente fattibile, considerato che parliamo di un algoritmo che è in grado di riconoscere un capezzolo femminile da uno maschile.

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Non conoscevo questa sindrome. Ne sono venuta a conoscenza con te che ne hai parlato. Mi ha colpito la frase sul finale l'ego dei genitori. Al di là dell'articolo molto interessante, mi viene una riflessione : come mai oggi c'è tutto questo bisogno di esporre così tanto i momenti di vita dei figli sui social? Da dove nasce questo bisogno? Da quell'ego dei genitori? Vogliamo sempre più attenzione! E i figli diventano una merce per avere ancora più visibilità!

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Ci guadagnano, ahimè

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Sulla pelle dei figli é qualcosa di orribile! Contro natura! Assurdo!

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Spero di sbagliarmi, ma credo di aver capito il caso che sospetti....lo facevo, ma ho smesso di seguire quella pagina da quando una tua storia mi ci ha fatto riflettere su..... Comunque agghiacciante.

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Immagino quale sia il caso di cui sospetti e grazie al quale sia partita la curiosità di documentarti in modo approfondito. Non mi stupisce invece il fatto che il padre possa non aver capito cosa stesse succedendo alla figlia. Sarebbe interessante conoscere cosa spinga queste persone a sviluppare tale sindrome.

NB. Quando comincerà il nostro primo corso di giornalismo di quest' anno? Lo attendo con trepidazione. Grazie

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In questi giorni vi darò le date.

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Non mi è chiaro come mai avesse i tumori al cervello però. Storia davvero triste e dolorosa.

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Non penso che li avesse.

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Ma come hanno fatto a non accorgersi subito dell’uso di quelle sostanze sulla bambina??avranno fatto delle analisi del sangue immagino, eppure non si sono accorti di niente

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Stessa domanda che mi sto facendo io. Li hanno voluti vedere i medici che si sono fatti intortare? Chissà

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Esatto, neppure a me

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Chissà quanti ce ne sono in Italia

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Per fortuna è un disturbo piuttosto raro.

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Terribile...

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terribile questo racconto, ho fatto molta fatica ad arrivare alla fine...se questa sindrome è causata anche

dalla voglia di essere al centro dell'attenzione - caspita - trova un terreno adatto con i social

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